Murder, Xi wrote

La Cina ha vinto il primo round di guerra commerciale, ottenendo una riduzione dei dazi senza garantire concessioni. Tra le altre notizie: le IDF hanno ucciso un altro giornalista, lo sciopero dei ricercatori delle università italiane, e la legge per rendere la pornografia illegale negli Stati Uniti

Murder, Xi wrote
grab via X, Scott Bessent

Gli Stati Uniti e la Cina hanno annunciato una pausa di 90 giorni alla guerra commerciale: le tasse sugli import cinesi negli Stati Uniti scenderanno dal 145% al 30%, e i dazi reciproci cinesi scenderanno a loro volta dal 125% al 10%. I dazi statunitensi restano più alti perché l’amministrazione Trump non ha eliminato le tasse dal 20% che aveva imposto in un primo momento, con la giustificazione di voler contrastare l’ingresso di fentanyl nel paese. I dazi restano quindi sostanzialmente più alti di com’erano prima del ritorno di Trump alla Casa bianca — e quindi molti prodotti dovranno comunque salire di prezzo. Secondo i conti dei ricercatori dello Yale Budget Lab, i dazi restano al livello più alto che sono mai stati dal 1934, e costeranno ad ogni famiglia statunitense 2.800 dollari l’anno. Qualche ora dopo l’annuncio la Casa bianca ha cambiato un po’ le carte in tavola, precisando prima che i prodotti nella fascia “de minimis” erano esclusi dall’accordo e poi annunciando un taglio delle tasse di importazione al 54% invece che al 30% — con una quota minima di 100 dollari da pagare sull’import. La fascia “de minimis” riguarda tutti i prodotti di valore inferiore agli 800 dollari — l’impatto su questa fascia di prodotti è sostanziale: prima dell’apertura della guerra dei dazi entravano negli Stati Uniti senza nessun pagamento. I prodotti su portali low cost come Shein e Temu, insomma, resteranno molto più cari per il mercato statunitense, o direttamente eviteranno di essere elencati come disponibili per l’acquisto. (Casa bianca / Università Yale / Axios / Casa bianca)