Condanne e falsità

Da tutto il mondo arrivano le condanne per l’uccisone di al–Sharif, ma la versione che fosse membro di Hamas è ovunque. Tra le altre notizie: continua la pausa della guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina, l’espulsione di don Capovilla da Tel Aviv, e come mai Grok è stato sospeso da X

Condanne e falsità
I funerali dei giornalisti uccisi di fronte all’ospedale al–Shifa. Foto: WAFA
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L’attacco con cui le IDF hanno ucciso Anas al-Sharif e altri 5 giornalisti a Gaza è stato condannato in tutto il mondo, anche se come sempre gli alleati di Israele e le organizzazioni internazionali non fanno passi ulteriori alla pura condanna dei crimini dei militari israeliani. Il commissario generale dell’UNRWA Philippe Lazzarini ha dichiarato seccamente che “l’esercito israeliano continua a mettere a tacere le voci che denunciano le atrocità commesse a Gaza,” e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha denunciato che si tratta di una “grave violazione del diritto internazionale umanitario.” Per l’Unione europea ha parlato Kaja Kallas, che ha condannato le uccisioni, e ha sottolineato, riferendosi alle accuse secondo cui al–Sharif sarebbe stato un membro di Hamas, che c’è “la necessità, in questi casi, di fornire prove chiare, nel rispetto dello Stato di diritto, per evitare che i giornalisti diventino bersaglio di attacchi.” (Al Jazeera / X)

Nelle scorse ore la stampa internazionale ha dato ampio spazio alla tesi avanzata dalle IDF che al–Sharif fosse un membro di Hamas. Anzi, il New York Times ha pubblicato un approfondimento su Al Jazeera, “l’emittente presa di mira da Israele,” che si ferma a un passo dal giustificarne l’uccisione dei giornalisti, scrivendo che il canale “ha suscitato l'ira dei governi di tutta la regione, che sostengono che dia voce ai terroristi,” e che “gli esperti che seguono la rete affermano che la sua copertura e i suoi commenti fanno eco a molte delle affermazioni di Hamas.” Serve evidentemente sottolineare ancora che le IDF non hanno presentato nessuna prova credibile per sostenere le proprie accuse, e che, come si legge in un comunicato del Comitato per la protezione dei giornalisti, “Israele ha una lunga tradizione documentata di accusare i giornalisti di essere terroristi senza fornire alcuna prova credibile.” (the New York Times / CPJ)