Il diritto internazionale vale più in Libia che in Italia?
Al-Masri è stato arrestato in Libia, in uno sviluppo umiliante che il governo italiano sta cercando di rigirare a suo favore. Tra le altre notizie: giovedì si apre la Cop30; gli enti locali sono preoccupati per la manovra, e i data center di Google e Microsoft creano pochi posti di lavoro
In uno sviluppo ai limiti del tragicomico, il generale Osama al-Masri, ricercato internazionale con l’accusa di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, liberato e riportato in patria dal governo Meloni, è stato arrestato e rinviato a giudizio dalla procura generale libica. Lo scorso luglio la procura di Tripoli aveva chiesto assistenza alla Corte penale internazionale per acquisire le prove sul caso, nel contesto di un fascicolo nazionale che era già stato aperto. La notizia è a dir poco umiliante per il governo italiano. Lo sottolinea la segretaria del Partito democratico Schlein, citando lo stesso vicepremier Tajani: “Evidentemente per la procura in Libia il diritto internazionale non vale ‘solo fino a un certo punto’, come per il governo italiano.” “Questa è una figura vergognosa a livello internazionale per cui il governo deve chiedere scusa agli italiani.” Al-Masri è accusato di aver torturato un numero imprecisato di detenuti, e di averne ucciso uno — ovviamente si tratta di un singolo caso per il quale la giustizia libica ritiene di avere le prove. (ANSA / Partito democratico)
In una nota, rilasciata senza firma ai media — Rai News usa la consueta formula “fonti di governo,” che però si producono in interi paragrafi di virgolettato — il governo italiano sta cercando in modo maldestro di ribaltare la notizia a proprio favore. “L’Esecutivo italiano era bene a conoscenza dell’esistenza di un mandato di cattura emesso dalla Procura Generale di Tripoli a carico del libico Almasri già dal 20 gennaio 2025.” Secondo gli anonimi di governo, “in quella data il ministero degli Esteri italiano avesse ricevuto, pressoché contestualmente con l’emissione del mandato di cattura internazionale della Procura presso la Corte Penale Internazionale dell’Aja, una richiesta di estradizione da parte dell’Autorità giudiziaria libica.” “Questo dato ha costituito una delle fondamentali ragioni per le quali il Governo italiano ha giustificato alla CPI la mancata consegna di Almasri e la sua immediata espulsione proprio verso la Libia.” Le fonti poi illustrano come l’indebolimento delle Forze speciali al-Radaa abbia reso “non solo materialmente possibile” l’arresto di al-Marsi, “ma anche funzionale a obiettivi interni del Governo di Unità Nazionale.” Non è chiaro come questa successiva spiegazione dovrebbe sollevare l’Italia dalle sue responsabilità di fronte alla Corte penale internazionale. (Rai News)
Non servirebbe entrare nello specifico per capire che la dichiarazione anonima del governo è poco solida, ma vale la pena ricordare del caso bizzarro della richiesta di estradizione per al-Masri da parte delle autorità libiche, che è stata emessa lo stesso giorno in cui il generale saliva sul volo di stato italiano — ma è stata recepita solo il giorno successivo. Come ammesso anche dalle autorità italiane, tra l’altro, l’arresto di al-Masri centra con la giustizia fino a un certo punto, e riguarda al contrario soprattutto il conflitto interno tra il premier riconosciuto dalle autorità internazionali, Dbeibeh, e il generale. (Avvenire)