Natale a Gaza
Secondo un retroscena Trump vorrebbe inaugurare la seconda fase della tregua di Gaza entro Natale. Tra le altre notizie: un altro attacco contro un’imbarcazione nell’oceano Pacifico, la crisi sionista del Partito democratico, e Netflix è in corsa per acquisire Warner Bros.
Secondo un retroscena di Axios, l’amministrazione Trump si sta preparando ad annunciare l’inizio della seconda fase degli accordi di Sharm sulla Striscia di Gaza entro Natale. Nonostante le continue infrazioni della cessate il fuoco da parte delle IDF, che hanno ucciso più di 366 persone dallo scorso 11 ottobre, le autorità statunitensi considerano la fase uno dei piano effettivamente conclusa — Hamas ha consegnato tutti i prigionieri, e manca ancora solo il corpo di uno dei prigionieri israeliani morti durante l’aggressione di Gaza. È difficile prendere sul serio le ambizioni della Casa bianca: la seconda fase dell’accordo prevede un ulteriore ritiro israeliano dalla Striscia, mentre le IDF stanno facendo il contrario, stanno espandendo i territori che occupano. Ci sono diverse strutture che vanno formate, in quello che sono ormai poche settimane: il Consiglio di pace, che sarà guidato da Trump, insieme a un gruppo di circa 10 leader arabi e occidentali, un Consiglio esecutivo che dovrebbe includere, tra gli altri, Tony Blair, Jared Kushner e Steve Witkoff, e un governo tecnico palestinese, composto da un gruppo di 12-15 membri non affiliati ai partiti palestinesi. C’è anche da organizzare la Forza di stabilizzazione internazionale che dovrebbe occuparsi della sicurezza della Striscia, e ad ascoltare le ambizioni di Washington, sostituire sia la presenza delle IDF che delle forze di sicurezza di Hamas. Come sempre, sarà necessario vedere quale sarà la differenza tra la teoria e la realtà a terra a Gaza: l’accordo prevedeva già nella fase uno l’ingresso ingente di aiuti umanitari, ma in queste settimane le organizzazioni umanitarie e le ONG hanno più volte denunciato che le autorità israeliane continuano a limitarne drasticamente l’ingresso. (Axios / the New Arab)
È di queste ore la notizia dell’uccisione di Yasser Abu Shabab, il miliziano salito alla ribalta nel 2024, alla guida di del gruppo prima noto come “Servizio antiterroristico” e poi come “Forze popolari,” attivo nelle aree di Gaza controllate da Israele — e che operava a tutti gli effetti come una gang criminale filoisraeliana. Abu Shabab cercava di presentarsi come alternativa ad Hamas, anche sui media internazionali: lo scorso luglio aveva firmato un editoriale sul Wall Street Journal dicendo che le sue Forze popolari — materialmente, un centinaio di persone — erano “pronte a costruire un nuovo futuro” a Gaza. Netanyahu ha ammesso lo scorso giugno che Israele sosteneva “clan armati” per combattere Hamas. Un memorandum interno delle Nazioni Unite, visto dal Washington Post, lo descriveva come “il principale e più influente attore dietro i saccheggi sistematici e massicci” degli aiuti umanitari, poi rivenduti a caro prezzo ai civili. (Al Jazeera / the Wall Street Journal / the Washington Post)
Nelle scorse ore le IDF hanno condotto una nuova escalation degli attacchi, in rottura degli accordi di cessate il fuoco. Mentre scriviamo sono in corso attacchi pesanti a est di Khan Yunis. L’obiettivo degli attacchi è continuare le azioni di demolizione anche fuori dalla “linea gialla” che segna i territori ancora occupati dai militari israeliani. L’IAF ha condotto anche tre bombardamenti, sulla città di Gaza, a rafah e sul campo profughi al-Maghazi, nel centro della Striscia. (WAFA)
L’European Broadcasting Union ha confermato che Israele potrà partecipare all’Eurovision del 2026, archiviando le molte richieste di escludere lo stato per i documentati crimini di guerra condotti durante l’aggressione di Gaza. In risposta alla notizia, le emittenti di Spagna, Irlanda, Paesi bassi e Slovenia hanno annunciato che non prenderanno parte alla prossima edizione dell’Eurovision. Taco Zimmerman, direttore generale dell’emittente olandese AVROTROS ha commentato in modo secco: “La cultura unisce, ma non a tutti i costi.” Il presidente della spagnola RTVE, José Pablo López, ha spiegato in modo ancora più netto la situazione: “Quello che è successo all'Assemblea dell'EBU conferma che l'Eurovision non è un concorso musicale, ma un festival dominato da interessi geopolitici e frammentato.” Frammentato, perché a sua volta la Germania aveva minacciato che avrebbe boicottato il festival se si vietava la partecipazione di Israele. (EBU / POLITICO)