Rifarsi l’immagine da stato non genocidario

Il governo israeliano si prepara ad aumentare a piú del quadruplo il proprio budget per la propaganda all’estero. Tra le altre notizie: la rottura del cessate il fuoco tra Thailandia e Cambogia, il futuro del Gruppo editoriale GEDI, e Paramount lancia un’offerta ostile per comprare Warner Bros.

Rifarsi l’immagine da stato non genocidario
15 dicembre 2023. POV da un carro armato israeliano nella Striscia di Gaza. Foto: CC BY-SA 3.0 Portavoce delle IDF

Nel 2026 il governo israeliano prevede di aumentare drasticamente i fondi dedicati alla hasbara, le pubbliche relazioni che Israele conduce all’estero per giustificare le sue azioni e fondamentalmente giustificare la propria esistenza — si tratta, per mancanza di una parola diversa, della voce del budget di Tel Aviv per la propaganda internazionale. Quest’anno il budget della hasbara era 545 milioni di shekel — 145 milioni di euro. L’anno prossimo Tel Aviv conta di spendere una cifra enorme, 2,35 miliardi di shekel, 630 milioni di euro, più del quadruplo. Le risorse saranno investite in campagne sui social, collaborazioni con organizzazioni non governative, viaggi in Israele per politici, rappresentanti della società civile e influencer. L’aumento drastico della spesa dell’hasbara è ovviamente collegato direttamente al crollo dell’immagine di Israele all’estero nel corso dell’aggressione di Gaza. Nel corso dell’anno è emerso che il governo israeliano pagava influencer anche migliaia di dollari a post per promuovere la propria versione dei fatti su Gaza. Nei mesi scorsi è anche emerso che il ministero degli Esteri israeliano ha avviato un progetto per influenzare i chatbot nel dare risposte pro-Israele. È inutile dire che dobbiamo aspettarci che questi sforzi di influenza aumenteranno in modo a dir poco drastico nei prossimi mesi. (the New Arab)

Nel frattempo, secondo un’inchiesta del Guardian, Israele starebbe effettuando un monitoraggio esteso all’interno del nuovo Centro di coordinazione civile-militare a Kiryat Gat — la struttura inaugurata dagli Stati Uniti il 17 ottobre come principale hub di coordinamento degli aiuti per Gaza. L’esercito israeliano avrebbe registrato, apertamente e segretamente, riunioni e discussioni con personale statunitense e di altri alleati. Il comandante statunitense della struttura, il tenente generale Patrick Frank, avrebbe detto al suo omologo israeliano che “le registrazioni si devono fermare.” Alcuni membri dello staff e visitatori, inclusi militari britannici ed emiratini, diplomatici e operatori umanitari, hanno deciso di condividere informazioni sensibili con il Centro, temendo possibili fughe di informazioni. È difficile misurare quanto lavoro effettivamente il Centro stia facendo: le autorità israeliane starebbero esercitando nella struttura il pugno di ferro, non solo nella struttura è fondamentalmente vietata la collaborazione con persone palestinesi, diversi tentativi di collegamenti video con rappresentanti palestinesi sarebbero stati interrotti da parte israeliana. (the Guardian)

Nelle scorse ore Israele ha lanciato nuove ondate di raid aerei nel sud del Libano, causando danni ad alcune abitazioni — mentre scriviamo sembra che negli attacchi non sia stato ucciso nessuno. L’esercito israeliano ha dichiarato su X di aver colpito diverse postazioni di Hezbollah, inclusa una base di addestramento delle forze speciali Radwan, oltre a edifici e una postazione di lancio di razzi. Come sempre, le autorità israeliane non hanno fornito nessuna prova per sostenere le proprie dichiarazioni. A Gaza le IDF hanno ucciso altre due persone e causato un numero ancora imprecisato di feriti. Un civile è morto per le ferite riportate in un bombardamento a ovest di Dayr al-Balah, mentre una donna è stata uccisa dal fuoco diretto di un drone israeliano nel campo di Halawa, nell’area di Jabalia al-Balad, nel nord della Striscia. A Betlemme, le forze di occupazione hanno arrestato 8 palestinesi, mentre i coloni davano fuoco a una casa. Lunedì sono stati condotti anche due raid nelle università: i militari hanno attaccato l’università di Birzeit e l’università al-Quds di Gerusalemme. (Al Jazeera / WAFA)